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AIZZARE, e talvolta ADIZZARE
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AIZZARE, e talvolta ADIZZARE.
Definiz: Att. Vale propriamente Incitare il cane, ed anche altro animale, a mordere, o ad offendere comecchessia.
Dal sost. izza. Nell'ant. germanico hetzen vale lo stesso. −
Esempio: Bocc. Filoc. 21: E nelle loro interiora metti adizzando gli acuti denti de' feroci cani.
Esempio: Red. Esp. Insett. 54: Adizzai lo scorpione, e l’irritai ad avventar molte punture.
Esempio: Mont. Iliad. 11, 392: Come buon cacciator contra un lione, O silvestre cignale, il morso aizza De' fier molossi, così ec.
Definiz: § I. E per similit. Provocare ad ira o ad offesa. −
Esempio: Quintil. Declam. P. 211: Il popolo, secondo che egli è adizzato, s’adira.
Esempio: Vill. M. 516: Sanza più aizzare i Franceschi, li piacesse porvi rimedio.
Esempio: Liv. Dec. 2, 409: E più furo aizzati e intalentati di combattere, che non vi fu fatta altra grande cosa.
Esempio: Dav. Tac. 1, 192: E li suoi liberti e partigiani, che non vedevano l'ora di farsi grandi, l’aizzavano a farsi vivo e mostrare il dente.
Esempio: Buonarr. Aion. 1, 52: E traversando dell’occhio la coda, Vede Gambasso ch'aizza e che spinge La gioventù insolente.
Definiz: § II. Per Stimolare, Incitare. −
Esempio: Dant. Inf. 27: Dicendo: issa ten va, più non t'aizzo.
Esempio: Ar. Orl. fur. 4, 46: Frontino era nomato il suo destriero, E sopra quel, che va per l'aria, monta, E con gli spron gli adizza il core altiero.
Definiz: § III. Neutr. pass. aizzarsi Irritarsi. −
Esempio: Vallisn. Op. 3, 496: Male, che vuol esser trattato con infinita dolcezza, che non cede a' leggieri rimedj, ed a' gagliardi viepiù s’aizza e s’infuria (qui figuratam.).
Definiz: § IV. Aizzare i cani all'erta, che pur dicesi Incitare i cani all'erta, vale Confortare altrui a far quello che non vogliamo far noi. −
Esempio: Buonarr. Fier. 2, 2, 10: Io vi veggo un ch'aizza i cani all'erta, E poi fugge e s'appiatta.